Correva l'anno 1975 ed il sottoscritto il 1° di Aprile compiva 14 anni.

Età fatidica in quanto consentiva la guida dei cosidetti "cinquantini" senza targa e senza patente.

A Giugno dello stesso anno venivo promosso e, dopo aver spezzato le resistenze dei genitori, ricevevo in regalo dai medesimi l'agognato Fantic Motor Caballero con motore Minarelli a 6 marce. Eccolo!...si aprì un nuovo mondo.

Non passò molto tempo che venni a conoscenza, tramite i soliti amici "più grandi" (vedi il "ragioniere"), della possibilità, tramite alcune modifiche, di trasformare il "cinquantino" in una vera moto.

Nasceva così il periodo dei carburatori maggiorati (da 19 mm"), delle marmitte ad espansione (mitica la Sito) in sostituzione dell'originale a "sogliola" (vedi foto) e dei conseguenti silenziatori fatti artigianalmente con la lana di vetro raccattata da vecchi scaldabagni abbandonati. Fino ad arrivare alla completa sostituzione di cilindro, testata e pistone (chi non ricorda la COMPACT SYSTEM?) con ulteriore maggiorazione del carburatore (da 22 mm) e, per i più sofisticati, la lucidatura a specchio delle "luci di aspirazione e scarico". Credo che in quel periodo abbiamo fatto la fortuna di "Bullita" mitico motoricambista di Via San Benedetto, sempre fornito dell' ultima "preparazione" (così si chiamavano allora queste modifiche) del momento.

Doveroso descrivere, a questo punto, l'abbigliamento.

Un casco a "scodella" con occhialoni da motociclista, un giubbotto normalissimo (senza protezioni), jeans e, dulcis in fundo, gli stivali. Questi erano dei normalissimi stivali di gomma da giardiniere ai quali, i più astuti, avevano applicato sul davanti un rettangolo di lamiera zincata tutta forata (per alleggerire) fissata ai 4 vertici da viti e bulloni passanti nei 4 buchi fatti in precedenza sugli stivali. Lo scopo era quello di proteggere la gamba da sassi o colpi, che fortunatamente non son mai arrivati, altrimenti qualcuno si sarebbe ritrovato conficcati nella carne o peggio nell' osso, i 4 dadi dei quattro bulloni di fissaggio lasciati all'interno dello stivale sporgenti e senza alcuna protezione. La voglia di emulare l'abbigliamento dei campioni era tanta, purtroppo i soldi erano pochi, per cui si facevano queste cazzate senza pensare alle conseguenze.

Lo stivale "incriminato"  

Cominciavano così le prime esplorazioni off-road nelle strade bianche tra Capitana e Flumini (allora erano tantissime) spingendoci ogni volta sempre più lontano fino ad arrivare alla mitica chiesetta di Piscina Nuxedda con annessa pietraia (oggi purtroppo asfaltata) che in breve tempo divenne un "must", un riferimento per tutti ed una sfida nel riuscire a percorrerla nel più breve tempo possibile. Insomma Piscina Nuxedda rappresentava, per noi, quel modello di "prova speciale" che tanto desideravammo sfogliando "Motocross", la nostra rivista di riferimento, dove venivano riportati servizi sulla mitica "Valli Bergamasche" o sulla "Sei Giorni", ossia sulle gare più prestigiose di regolarità (così si chiamava allora l' attuale enduro) i cui protagonisti erano Alessandro Gritti, Imerio Testori, ect., tutti piloti KTM.

Continuando a spingerci sempre oltre nelle nostre esplorazioni, dopo Piscina Nuxedda, giungemmo alla "Piana dei Cavalli" (potete facilmente intuire da dove derivasse il nome) per continuare in dei tornanti in discesa al termine dei quali scoprimmo la "casetta di Biancaneve"; una baita in legno col tetto molto spiovente, graziosa, ma fuori luogo in un contesto sardo, dove praticamente non nevica mai. La sensazione, all'epoca, era quella dell' emozione di chi scopre nuovi posti (perlomeno nuovi per noi) e lontani (anche se in realtà avevamo percorso pochi Km). Comunque dopo i tornanti la strada si restringeva e diventava impervia cominciava ad addentrarsi nel bosco fitto, quando all'improvviso una novità: i guadi. Altro "must" tipico della regolarità sul quale "masturbarsi mentalmente" sul come affrontarli: in piedi, seduti, impennando, ect... Quindi guadi, sottobosco misto veloce per riprendere uno sterrato che ci riporta miracolosamente sull' asfalto; siamo a Geremeas a c/a 5 Km dal punto da cui siamo partiti. E' un evento, siamo riusciti a chiudere un anello, un "giro" ossia un' alto "must" nella regolarità in quanto le gare si svolgono compiendo più giri di uno stesso percorso.

Mentre continuavamo nelle nostre esplorazioni, parallelamente cominciavamo a seguire, da tifosi, le gare del campionato regionale, sperando un giorno di potervi partecipare. Era il periodo della mitica squadra corse COMBET e di piloti quali Marcello Illario, Gianni Ottaviani, Sergio Mibelli,Peco Soldati, ect...per noi dei miti.

1976: Geremeas - Prova Campionato Sardo
1976: Geremeas - Peco Soldati
1976: Geremeas - Prova Campionato Sardo - Prova Speciale sul fiume a Cala e Moru

Tornando a noi, ora avevamo il percorso, la prova speciale (Piscina Nuxedda) mancavano solo i "controlli a timbro" (passaggi di controllo dove viene messo un timbro sulla "tabella di marcia" onde evitare che si facciano "tagli" ossia che si accorci il percorso). Ma per questo niente di più facile che chiedere il favore a qualche amico senza moto di collaborare come controllore.

Avevamo quindi tutti gli elementi per organizzare una gara "fatta in casa", appunto detta la "garetta", che puntualmente organizzamo. Nell'ambiente si sparse subito la voce e, se non ricordo male, aderirono una decina di piloti. Non ricordo chi la vinse, ma rammento l' agitazione e l' euforia dell' organizzazione nel provare i tempi del percorso, ubicare i controlli a timbro, recuperare cronometri per la "prova speciale", creare e fotocopiare le tabelle di marcia.

"Il Giangi dagli stivali" (nota il particolare stivale)
Alberto col Caballero 50 e sotto Alberto e Pilia su Intramotor Gloria (Garetta)
Anno 1976: Arrivo Garetta Anno 1976: Gruppo dopo una Garetta

Quindi dopo l'arrivo si dava inizio alle premiazioni. Frugando ho trovato questo reperto archeologico che con piacere vi mostro:

Premio 1° classificato di una Garetta (in mano mia...)

Insomma credo che per tutti sia stata un' esperienza indimenticabile.

A questo punto, affascinati dalla "Sei Giorni" (nota come "Six Days"), decidemmo di organizzare una "Tre Giorni" a Seui, paese nell' interno del Nuorese da cui provenivano i genitori di Pilia e quindi l' appoggio di una casa in loco. Dopo lunghi e meticolosi preparativi, durante le vacanze di Natale del 1976, partimmo alla volta di Seui (dopo aver fatto portare al padre di Pilia una tanica da 50 litri di benzina come scorta). Già arrivare con le nostre moto a Seui via asfalto fu un'impresa, figuratevi girare per le montagne tra Seui, Aritzo e Belvì naturalmente senza una carta topografica! (di GPS non si parlava ancora). Comunque sia, è stato avventuroso, e devo dire che Pilia conosceva le strade meglio di una mappa. Per cui, dalla partenza (rigorosamente alle 7 del mattino) con freddo pungente e caffè al "Bar degli Amici" frequentato da personaggi che facevano colazione con l' "acquavite" (la grappa sarda), inerpicandoci per il "Sentiero dell' Asino" dal fondo di scisto scivoloso, fino all' arrivo, anche a tarda sera, non ci siamo mai persi. Ripensandoci adesso, credo sia stato un miracolo; la Barbagia Sarda, talvolta, trae in inganno anche esperti esploratori. Noi, giovani ed inesperti, con la "bussola umana" Pilia siamo sempre tornati a casa. A parte qualche pallino da caccia, piovutoci sul casco, da parte di chi, con una fucilata, ci aveva intimato di fermarci. Avrebbe potuto semplicemente chiedercelo...ma questa è un' altra storia.

Anno 1976: Pilia e Palmas pronti a partire per Seui (Dodero fotografo) Anno 1976: Dodero e Palmas reggono la "Funtana Dorada" a Seui
Anno 1976: Ecco Pilia a Seui Anno 1976: Ecco Palmas a Seui

Sarebbe lungo e noioso raccontare tutto, una cosa che mi è rimasta impressa però la racconto: è stato il cambio di pistone in mezzo ai monti, da me eseguito, (gli amichetti erano intenti a consumare il pranzo al sacco) in un punto in cui non sarebbe stato possibile farmi trainare. Ricordo la tensione e la paura di non riuscirvi, il freddo (eravamo nel fondo di un vallone dove non batteva il sole) ed il tempo che stringeva perchè anche se era primo pomeriggio, in inverno fa buio presto ed eravamo a metà del percorso.

Nel 1977 ripetemmo l' esperienza di Seui con in aggiunta Roberto Ebau. Ho solo una foto che qui vi mostro:

INGRANDISCI
Anno 1977: Seui, Pilia, Palmas, Dodero, Ebau Manoscritto su Seui - Fonte Lione

Ecco come ricorda la "tre giorni" di Seui Andrea:

"L'andata a Seui si può considerare un MUST! Una di quelle “cose” che rimangono belle stampate.

I ricordi precisi sono vaghi perché passati più di 30 anni, ma ogni volta che ci ripenso riprovo una sensazione di felicità e di libertà pazzesca.

A volte ci chiediamo con gli amici se quando i nostri figli porranno la fatidica domanda: <<papà posso andare…?>> cosa risponderemo.

Io so solo che mia madre, come i genitori di Alberto e di Andrea Pilia abbiano avuto un gran coraggio, una fottutissima paura, ma anche una grande fiducia in noi e soprattutto nella divina provvidenza.

Cavoli. 14 -16 anni in moto per gli sterrati della Barbagia di Seui…niente villaggi turistici o viaggi organizzati.

Per noi, padroni del mondo con le nostre sfavillanti moto e tute da centauri, era il massimo che si potesse chiedere dalla vita in quel periodo. Da soli, in posti pazzeschi con le moto in giro ad esplorare.

Mica scemi i ragazzini.

Mi ricordo una storia pazzesca prima di partire: io e Alberto in via Lai a parlare e organizzare la trasferta a Seui. Uno dei due, non ricordo, si appoggia distrattamente ad una Motorella parcheggiata a fianco del mio portone. Dopo qualche secondo esce dal portone il pivello della figlia della portinaia:UN LOFFIO!!!. Senza dir niente mi sferra uno sganassone a “facci prena” da farmi girare la testa.

Io e Alberto cagati!

L'unica cosa che mi ricordo è che mi son sgommato dietro la OPEL, miracolosamente parcheggiata li, e mentre il tipo urlava cercando di raggiungermi per finirmi è uscita la PORTINAIA che miracolosamente mi riconosceva e inveiva contro il genero urlandogli di lasciarmi stare che ero uno del palazzo…! Ah le portinaie….categoria scomparsa….

Questo è l'inizio dell'avventura Seuese.

Il padre di Pilia ci diede le ultime raccomandazioni sulla cantina presente nella casa che ci avrebbe ospitato ( case, sempre case…N.d.R. Pimpa) e sul vino nel caso da bere e quello da non toccare. Cosi, un giovedi di un fantastico dicembre 1976 ci involiamo nella 131 con KTM 125 io, caballero 50 Alberto e Intramotor Gloria di Andrea Pilia.

La casa, in una viuzza in salita del centro di Seui, era composta da una cucina minuscola, soggiornino “buono” e camera da letto, oltre chiaramente il bagno. Giu cantina – garage con legnaia e le nostre moto parcheggiate.

La settimana prima del nostro arrivo il padre di pilia ci aveva portato 50 litri di benzina per i nostri pieni di serbatoio (anche allora la paranoia della benza).

Appena arrivati, parcheggiate le moto, cena frugale, giretto per il paese (ci guardavano tutti come marziani) e poi via a pianificare i percorsi. Sentiero n. 1. Pietraia dell'Asino, Guado del Flumendosa, Funtana DORADA ecc.

L'incontro col pastore Stocchino, parente del mitico bandito che visti passare per una sterrata vicino al suo campo, non ha pensato due volte e via…..2 o3 scuppettate di piombo in aria per avvertimento con pallini caldi sul casco…e che cacchio….basta dirlo.

Fermate le moto, Pilia, scende e parlamenta con il tipo che dopo si avvicina e con gesto balente ci fa segno di proseguire ma con un gesto che era tutto un programma che tradotto dopo a casa: andate avanti, non spaventatemi il bestiame che cartucce ne ho ancora…..o roba del genere!!!!! Che storia.

Bene. Era il 1976.

Alla prossima."

Intanto, tra "garette", "seuate" e "provate" domenicali, son trascorsi 2 anni, ed io ho compiuto 16 anni, altra età fatidica in quanto prerequisito per poter ottenere dalla FIM (Federazione Italiana Motociclistica) col consenso dei genitori in quanto non maggiorenne, la "licenza" per partecipare al Campionato Sardo di Regolarità classe cadetti.

Siamo giunti al prossimo capitolo: Anni 1978-1981: Le gare.